Mediterranean Hope – Casa delle culture apre le sue porte

Marta Bernardini e Francesco Piobbichi.

Agrigento (NEV), 17 dicembre 2014 – “Mediterranean Hope – Casa delle culture” ha ufficialmente aperto le sue porte a Scicli (RG). Nella limpida e assolata giornata di venerdì 12 dicembre, un convegno intitolato “L’Europa e il Mediterraneo: religioni, culture, dialogo” ha dato il via alle numerose iniziative che animeranno la Casa delle culture, oltre alla presenza di alcuni ospiti che già vivono negli appartamenti da qualche settimana.

Il convegno si è svolto nella prima parte presso Palazzo Spadaro, luogo storico della bellissima cittadina barocca, segno del legame significativo instaurato tra il progetto Mediterranean Hope e la cittadinanza, come ha sottolineato lo stesso pastore della comunità metodista di Scicli Francesco Sciotto. Di grande spessore gli interventi che si sono susseguiti nella mattinata. Primo tra questi il presiedente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) pastore Massimo Aquilante, che in un discorso ispirato e intenso ha ricordato quanti muri costruiamo intorno a noi e quanto questi siano difficili da abbattere, e come Mediterranean Hope possa essere una sfida importante nella direzione del “coraggio della proposta e pazienza del cambiamento”. Ulrich Moeller, rappresentante della Chiesa evangelica della Westfalia ha raccontato come anche nelle chiese in Germania ci sia una particolare attenzione ai rifugiati e richiedenti asilo e molte comunità locali si occupino direttamente della complessa situazione dei migranti, dovuta soprattutto alla regolamentazione europea di Dublino III. Moeller ha quindi sottolineato che le chiese italiane non sono sole in questa sfida, anzi proprio grazie a Mediterranean Hope è iniziato un legame di collaborazione molto stretto e proficuo. Samuel Amedro, rappresentante della Chiesa evangelica del Marocco ha offerto uno sguardo illuminante sulla situazione del paese, soprattutto su tutte quelle persone che vivono oggi senza documenti, senza una casa e un’identità alla mercé del lavoro nero e illegale. Queste persone sono migranti che non sono riusciti a trovare un luogo che gli accogliesse e offrisse una strada, sono i risultati “amari della globalizzazione e delle politiche europee circa l’immigrazione”. Queste persone senza identità e senza patria sono prima di tutto responsabilità dell’Occidente, dell’irrigidimento delle frontiere per proteggere un benessere raggiunto anche grazie a quei paesi che oggi bussano alle porte dell’Europa per chiedere di sognare un futuro migliore. La mattinata si è conclusa con l’intervento di Vincenzo Lamonica della Caritas di Ragusa che ha presentato alcuni dati sui numeri reali dell’immigrazione, per essere informati con precisione e non cadere in facili semplificazioni e allarmismi.

Il convegno è poi proseguito nel pomeriggio proprio nei locali della Casa delle culture, un ampio spazio commerciale degli anni sessanta riportato alla sua originale bellezza, affacciato su una delle vie principali di Scicli, corso Mazzini. Mediterranean Hope ha quindi ridato vita e valore a un luogo storico, restituendo alla popolazione uno spazio di incontro, solidarietà e cittadinanza attiva. Il pomeriggio si è aperto con un saluto del moderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini: “finché si spera si è vivi, finché si spera si progetta, si guarda al futuro. Mediterranean Hope è una risposta, piccola ma concreta, che abbiamo voluto dare come chiese evangeliche in Italia”. A seguire l’intervento dell’antropologo Osvaldo Costantini che ha presentato la situazione specifica dell’Eritrea e delle cause che spingono la maggior parte della popolazione a migrare, a partire dal servizio militare forzato fino a progetti di vita che cavalcano l’immaginario di un’Occidente ricco così come i media lo presentano. Andrea Torre del Centro Medì di Genova ha offerto un’analisi della composizione demografica dei paesi da quali partono i migranti, composizione che nei prossimi anni determinerà una forte pressione se non si attueranno politiche volte a soddisfare la domanda di lavoro delle giovani generazioni. Torre ha inoltre evidenziato come la crisi economica e le guerre stiano mutando profondamente la “tipologia” di migranti, non più semplicemente migranti economici ma rifugiati e profughi, e contemporaneamente in Italia si assista a un fenomeno emigrazione verso il nord Europa di giovani italiani e al ritorno nel proprio paese d’origine di molti immigrati, soprattutto dell’est Europa.

A concludere il convegno Paolo Naso dell’Università La Sapienza di Roma, che ha sottolineato l’importanza delle analisi e dei dati per comprendere il fenomeno migratorio ma soprattutto la necessità di ricordare che dietro questi numeri ci sono storie di persone, la maggior parte giovanissime, che lasciano il proprio paese. Storie che si incontrano anche alla Casa delle culture, come quella della piccola Ester Sara, bimba nata proprio in questi giorni dalla mamma della Costa D’Avorio sfuggita alle persecuzioni politiche a cui il marito era sottoposto e di cui oggi non si sa più nulla. Questa come tante altre, impresse sui volti dei 14 minori, tra i quali una ragazza, oggi presenti nella Casa di Scicli, giovani tra gli 11 e i 14 anni provenienti da Gambia, Ghana, Nigeria, Marocco, Siria, Bangladesh, dai volti stanchi ma anche pieni di speranza. Paolo Naso ha voluto riflettere sulla nuova figura del migrante, che non è né il migrante classico come potevano esserlo i nostri nonni, ma neanche il classico rifugiato. La figura del migrante è in generale oggi una sintesi di questi due profili. Chi fugge oggi ha subìto violenze di ogni genere, torture, abusi. Noi consideriamo rifugiato una persona che è già stata vittima di queste atrocità ma non una persona che lo sarà sicuramente. Interveniamo su persone che sono già state “corpi da macello” senza riuscire a proteggerle prima che lo diventino. Cambia la figura del migrante da una parte e dall’altra viene appiattita all’immaginario che ormai i media continuamente trasmettono, quella dello sbarco. Risulta sempre più necessario riflettere sulle situazioni dei paesi dai quali si migra per comprendere chi arriva oggi in Europa. Alla fine del convegno si è festeggiato insieme al ritmo di musiche popolari e di diverse tradizioni, riempiendo di danze, sorrisi e gioia il nuovo spazio di solidarietà e cultura di Mediterranean Hope.

Questi e molti altri gli spunti della giornata di inaugurazione della Casa delle Culture, che da oggi sarà colorata di iniziative, eventi, progetti ma anche di giovani, famiglie, storie per offrire un luogo sicuro e di accoglienza come impegno e testimonianza delle chiese evangeliche in Italia.

Notizia uscita sul sito nev.it

MH
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