Chi arriva a Lampedusa

Lampedusa (NEV), 31 maggio 2019 – La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” arriva da Lampedusa ed è a cura del volontario Francesco Bouchard.

Il meteo è ancora un po’ incerto ma l’estate sta innegabilmente arrivando anche a Lampedusa.

Dopo un inverno stranamente lungo e rigido per gli standard locali, le giornate hanno ricominciato ad allungarsi, il sole ad essere caldo e i migranti a sbarcare.

Come sosteniamo da sempre, i dati dimostrano che il vero pull factor – il fattore di attrazione che spinge le persone a partire in un dato momento – non è la presenza di ONG nel Mediterraneo centrale bensì il bel tempo.

Dall’inizio di maggio abbiamo raccolto segnalazioni e notizie di partenze in ogni giornata di bonaccia. E soprattutto abbiamo ricominciato ad accogliere le persone sulla nostra isola.

Nel solo mese di maggio sono infatti arrivate a Lampedusa oltre trecento persone: la metà di quelle sbarcate in tutto il 2019 e, a differenza del 2018, quasi tutte sono salpate dalle coste libiche.

Ovviamente quelle arrivate sull’isola siciliana sono una piccola parte di quelle che hanno tentato la fuga dalla Libia.

Come Osservatorio sulle migrazioni non ci limitiamo alla raccolta di informazioni sul campo ma, da Lampedusa, monitoriamo costantemente il flusso di informazioni riguardanti il mare che ci circonda.

Solo nell’ultima settimana almeno seicento persone sono salpate dal paese nordafricano. Questo è quello che apprendiamo dai giornali internazionali, dagli account social della Guardia Costiera Libica e dalle preziosissime testimonianze degli aerei Moonbird e Colibrì delle ONG Humanitarian Pilots Initiative, Sea-Watch e Pilotes Volontaires.

Oltre seicento persone hanno provato a scappare dagli orrori a cui erano costrette nei campi di concentramento. Seicento partenze con esiti diversi. Dalla Libia annunciano oltre duecento persone salvate e riportate indietro, nei centri di detenzione. Le autorità maltesi hanno invece annunciato di aver tratto in salvo 216 persone da 2 gommoni il 24 maggio e altre 75 il 29. La loro piccola imbarcazione in legno era stata bloccata da una rete per la pesca dei tonni. Erano in mare da oltre tre giorni al momento del salvataggio. Un centinaio di persone su un gommone è stato salvato ieri da una nave militare italiana, che è intervenuta ventiquattro ore dopo la prima segnalazione; anche grazie alle pressioni mediatiche delle ONG Sea-Watch e Alarm Phone che sono riuscite a tenere i riflettori puntati sul caso. 

Infine c’è chi è arrivato a Lampedusa, quelli che abbiamo incontrato, salutato, abbracciato, accolto.

Venerdì scorso, 57 persone su una barca di legno sono entrate in porto alle quattro di mattina scortate da Guardia Costiera e Guardia di Finanza. Le forze dell’ordine ci hanno invitati a rifocillarli prima ancora di iniziare i controlli medici, da quanto erano stremate dal lungo viaggio.

Mercoledì una cinquantina di migranti sono sbarcati autonomamente a Cala Galera, dopo aver attraversato il mare su una barchetta di legno piccolissima. Il vicinato ha avvertito le forze dell’ordine.

Poche ore dopo altre venti persone sono sbarcate al Molo Favaloro direttamente dalla Motovedetta della Guardia di Finanza che li aveva salvati al largo di Lampedusa. Ancora una volta noi eravamo lì, ad attenderli.

Dopo mesi di relativa calma i movimenti nel Mediterraneo centrale sono tornati ad interessare grandi numeri, noi da Lampedusa ne abbiamo una percezione diretta; eppure l’impressione è comunque di ricevere questo flusso solamente dopo un “filtro”. Non ci è permesso incontrare tutte le persone che, raggiunte dalla Guardia Costiera libica sono riportate in quel Paese che sappiamo non essere un porto  un posto sicuro

Non ci resta che abbracciare più forte chi ce l’ha fatta, proviamo a farci carico della sua storia e di quelle che lui o lei ha dovuto lasciare indietro, di quelle che ha visto andare a fondo. Non possiamo come esseri umani, permettere che le persone siano “divise” in chi arriva e chi viene riportato indietro, tra chi sarà ricordato e chi no, tra chi vive e chi muore. 

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