Lampedusa prende a calci l’isolamento

Lampedusa, Agrigento (NEV), 10 dicembre 2014 – Finisce 3 a 1 la partita del campionato giovanile nel quale gioca il Lampedusa Gsd, piccola squadra isolana che è riuscita con caparbietà a vincere meritatamente questa partita contro il Carini, ma soprattutto a vincere una battaglia più grande: riportare il calcio a Lampedusa. La storia di questa squadra è una storia di determinazione, resistenza e amore per il calcio. Quando due anni fa arrivò sull’isola papa Francesco si decise di ospitare l’evento presso il campo di calcio locale. Per rendere più agibile e sicuro l’incontro si decise di “abbattere” le recinzioni dello stadio e accogliere così un gran numero di partecipanti. Finita la manifestazione, al momento di ripristinare la funzionalità dell’impianto, emerse una diatriba burocratica tra il Comune di Lampedusa e la Capitaneria di Porto che ancora oggi, mentre scriviamo, attende di essere risolta. Di fatto, le recinzioni non poterono essere ricostruite e il campo non fu considerato a norma per il campionato. Nonostante questo, però, i dirigenti della squadra non si sono persi d’animo e hanno deciso di disputare comunque gli incontri recandosi in Sicilia. Con un enorme dispendio di soldi e di energia, la società sportiva e i giovani di Lampedusa hanno giocato in trasferta per tutto lo scorso campionato, chiedendo ospitalità proprio alla squadra di Carini che domenica scorsa li ha visti come avversari. Quest’anno, fortunatamente, le cose sono andate diversamente. La società infatti ha pensato di aggirare gli intoppi burocratici costruendo in maniera “autorganizzata” le recinzioni dell’impianto sportivo stipulando una convenzione temporanea con il demanio dopo aver chiesto l’autorizzazione al Comune. Così quest’estate, mentre i turisti si gustavano l’isola, i lampedusani ricostruivano le recinzioni del proprio stadio per permettere ai giovani dell’isola di trovare un’alternativa alle lunghe giornate invernali.Mentre raccontiamo queste vicende, proprio vicino allo stadio, una macchina sta demolendo le barche dei migranti che sono arrivate in questi anni, una montagna di storie senza voce, diventata nel tempo un simbolo scenografico che deformava l’identità di Lampedusa. Una sorta di palcoscenico della frontiera per rappresentare l’isola dell’emergenza e spaventare il resto d’Italia sulle possibili “invasioni” di “clandestini”. Ora l’isola dell’emergenza sta lasciando il posto alla Lampedusa reale, dove riemergono piccole grandi storie come quella del campo di calcio. Lampedusa si sta così lentamente svestendo dell’immagine che i media le hanno costruito addosso, e lo sta facendo in modo pragmatico, giorno per giorno, spesso lontano da telecamere e grandi titoli sui giornali.Elio Silvia, il presidente della società sportiva, racconta a Mediterranean Hope qualcosa di molto importante di tutta questa vicenda: “abbiamo costruito questo percorso per rompere l’isolamento, per far conoscere nuove esperienze ai giovani lampedusani. La nostra storia è solo all’inizio, ma ci piacerebbe lavorare con progetti basati sullo scambio con altre realtà nazionali ed europee”. In questi anni a Lampedusa sono venute molte associazioni presentando i loro progetti, in pochi però hanno ascoltato queste voci e raccolto questi bisogni. Lampedusa terra di frontiera è anche un luogo per capire quello che avviene nel resto del paese, dove spesso si progetta in maniera settoriale. Senza uno sguardo d’insieme sul territorio e i suoi bisogni, si finisce involontariamente per creare categorie che poi vengono abilmente messe l’una contro l’altra. A pensarci bene, il calcio e lo sport, potrebbero davvero essere un punto d’incontro e di scambio importantissimo. La disponibilità per lavorare in questa direzione da parte di una società sportiva, che è riuscita con la forza delle proprie convinzioni a rendere vivo e pulsante uno stadio di calcio in mezzo al Mediterraneo, non deve essere considerata una cosa di poco conto. Diamo una mano allora a queste persone per “prendere a calci l’isolamento”, valorizzando la conoscenza e lo scambio partitario come antidoto contro la paura e l’ignoranza. Di Marta Bernardini e Francesco PIobbichi

MH
MH
X