Vite sospese

ENGLISH VERSION
Concetta Morana – NEV

Scicli, Ragusa, 6 aprile 2016 – Sembra un giorno come tanti ma oggi bisogna andare in questura. Il pulmino si riempie e si parte alla volta di Ragusa dove Amin, dalla Somalia, Moussa, dal Mali, Mohamed, Abdulkarim e Bouba, dalla Costa d’Avorio, presenteranno la richiesta di protezione.

Sembra di andare in gita. Sono tutti elettrizzati. Dopo giorni di preparativi e spiegazioni su cosa sia la “protezione”, a fatica riescono a comprendere perché sia così complicato, per loro, cercare non una vita migliore ma “la Vita” in un Paese che da lontano sembra così bello, accogliente e sicuro.

I sorrisi si smorzano alla vista di tanti poliziotti in divisa. Qualcuno ammutolisce, altri incontrano un amico o un parente che avevano perso di vista una volta sbarcati alla frontiera di Pozzallo e diventa quasi una piccola festa. I più timidi si aggrappano alla mia borsa quasi temendo di essere abbandonati là.

Arrivano i tutori, già, il tutore. A che serve un tutore ad un ragazzo così emancipato che, nonostante la giovane età, ha vissuto tutto quello che magari in una vita intera qualcuno mai vivrà? Questa figura tanto necessaria per la difesa e la tutela dei diritti dei minori soli, spesso non viene ben compresa e accettata da chi si sente già uomo e porta sulle spalle il peso di un’intera famiglia che attende, nel paese natio, ciò che serve per la sopravvivenza quotidiana.

Tutti insieme si entra in ufficio. L’accoglienza del mediatore è calorosa perché anche lui ha vissuto la stessa esperienza del ragazzo che gli siede di fronte. Inizia l’intervista. Occhi bassi e voce flebile, tante paure tornano a galla e tanti odiosi ricordi si rifanno vivi: “Non ricordo il nome della città libica in cui mi trovavo, ricordo solo che mi hanno imprigionato e picchiato ogni giorno finché qualcuno ha pagato un riscatto per farmi uscire da quell’inferno”. Moussa non vede i suoi genitori e i suoi fratelli da quando aveva 6 anni e non sa che fine abbiano fatto. Uno zio, sposato e senza figli, l’ha “adottato”. Lo zio era poliziotto, ma quando in Mali la situazione si è complicata ha fatto nascondere Moussa su un camioncino e l’ha mandato in Algeria. Ma il viaggio di Moussa è continuato fino in Libia dove, per ben due volte, è stato imprigionato e da dove, per ben due volte, ha tentato di andare via per tornare a casa in Mali. Quale casa?

L’intervista finisce, è ora di prendere le impronte. La mano è troppo asciutta e le impronte non vengono bene. L’operatore prende uno spruzzino per inumidirla con l’acqua e al primo spruzzo Moussa sussulta per lo spavento, non se l’aspettava. Questa volta le impronte vengono bene. Tutti registrati sull’Eurodac. Moussa mi guarda e chiede al “signore delle impronte” cos’è l’Eurodac? Lui risponde spontaneamente: “se scappi e ti beccano in Francia ti rimandano qui perché ora sei registrato sulla banca dati europea”. Moussa non capisce e chiede perché non può andare in Francia da uomo libero, così come noi tutti siamo liberi di andare in qualsiasi parte del mondo. Nella stanza cala un silenzio imbarazzante.

Finita tutta la trafila si ritorna a casa. Il rientro in struttura è quasi una festa. Chi ancora non è stato in questura si accalca intorno a Moussa e agli altri per sapere com’è andata.

Dopo una settimana c’è la consegna del primo documento ufficiale, il permesso di soggiorno per i richiedenti protezione. Finito di pranzare, mentre siamo tutti ancora seduti a tavola, inizia la distribuzione. E’ una festa, una grande festa!

Moussa stringe forte a se quel pezzo di carta come fosse un trofeo conquistato dopo una lunga ed interminabile partita. Moussa sa che quella partita non è ancora finita; c’è la Commissione da affrontare, c’è anche il trasferimento verso un’altra struttura dove spera di trovare altri amici ormai persi di vista da tempo.

Ma per Moussa, come per tanti altri, il viaggio della vita è ancora lungo. Un viaggio fatto di burocrazia, di impronte e documenti che arriveranno a fatica o, purtroppo, non arriveranno affatto.

“Chi nel cammino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno non è vissuto invano”. (Madre Teresa di Calcutta).

Benvenuto in Italia Moussa, benvenuto!

MH
MH
X