Il mio amico Demba

Marta Bernardini, operatrice Mediterranean Hope, e Carla Aday, pastora dei Discepoli di Cristo USA e volontaria presso l’osservatorio MH di Lampedusa

Lampedusa, Agrigento, 14 settembre 2016 – L’estate sembra non essere finita qui a Lampedusa, arrivano turisti e il mare attira ancora con il suo splendido e limpido luccichio. Sono passate due settimane dall’arrivo di 1200 migranti sull’isola e l’Hotspot ne ospita ancora circa 700. Da qualche tempo è diventato più difficile incontrare i ragazzi per le strade del paese, diversamente da quanto accadeva fino a metà agosto. Mentre in questi giorni nessuno suona alla nostra porta per venire all’Internet Point, ci vengono in mente le facce e le storie di chi è passato di qui. Tra queste pensiamo a Demba e alla sua storia raccontata dalla nostra amica Carla.

“Mi sento molto solo. Mi manca la mia famiglia e i miei amici. Ma almeno nessuno mi picchia o mi punta una pistola in faccia”.

Demba è arrivato all’Internet Point di Mediterranean Hope molto in anticipo rispetto all’orario di apertura in modo da poter parlare con un volontario, sensibile e disponibile, perché in questo momento Demba non ha nessun amico. Ha fatto un lungo viaggio, arduo e pericoloso, più di 7 mesi per raggiungere l’Italia ma adesso non ripeterebbe affatto questa esperienza, ci dice. “Attraversare il deserto è stata la parte più difficile – ha spiegato con gli occhi tristi. La gente può essere molto cattiva. L’autista ha preso tutta la nostra acqua e ci ha scaraventati fuori dal furgone. C’è un vero e proprio cimitero nel deserto”. Nel Burkina Faso Demba è stato in prigione per tre giorni. Nello Zansu era seduto accanto al suo migliore amico, a cui gli Asma boys, una banda armata libica che rapisce, deruba e vende i migranti provenienti dall’Africa subsahariana, hanno sparato. Anche Demba è stato aggredito e picchiato, ma è riuscito a fuggire.
Allora perché dopo tutto questo Demba ha rischiato la vita per raggiungere l’Europa? Perché a 18 anni la speranza è ancora forte. Demba vuole andare all’università. Sotto l’opprimente dittatura del Gambia, l’istruzione superiore ha un costo proibitivo e lottare contro le ingiustizie significa rischiare la vita. “Se vedi qualcosa che non va, non puoi protestare – continua Demba – non si può dire la verità. La gente ha paura di parlare, si rischia la prigione”.

Demba sogna una vita migliore. Vuole imparare l’italiano in modo da poter proseguire la sua formazione in questo paese. Attualmente parla correntemente l’inglese oltre alla sua lingua tribale. Sogna di giocare come calciatore professionista. Ha giocato in varie squadre in Gambia e Senegal e inoltre desidera coltivare la sua passione per la musica hip hop. Attualmente ha già registrato 3 pezzi da solista e 2 canzoni in collaborazione con altri artisti.

Demba ha davanti a sè un futuro precario. Non ha alcuna certezza di cosa gli accadrà ora che è arrivato in Europa. Il cibo dell’Hotspot di Lampedusa dove ora si trova, è senza sapore – racconta. Il “campo” è in una spelonca senza un filo di vento e sebbene ci siano degli impianti per l’aria condizionata, molti non funzionano. Demba indossa una felpa pesante, che gli hanno fornito nell’Hotspot, senza neanche una maglietta sotto. E pensare che con 27°C noi oggi nell’Internet Point indossiamo pantaloncini e t-shirt leggeri. Demba ha un problema ai denti che gli causa molto dolore. “Non ascoltano le nostre preoccupazioni”, ha risposto quando gli ho domandato cosa avrebbe voluto chiedere a chi lavora nella struttura che li ospita. È triste perché non può contattare la sua famiglia. Al “campo” gli hanno concesso 5 minuti per chiamare i suoi familiari e ora non ha modo di ricontattarli.

Demba si guarda indietro e medita. Ricorda la gente che si sentiva male e vomitava sull’autobus durante il viaggio in Niger. “La strada era molto brutta. Davvero brutta” – continua a raccontarci. C’erano molti posti di blocco e alcuni di noi sono stati arrestati”. Ricorda di essere stato costretto a “chiamare a casa per chiedere altri soldi”. È stato comunque uno dei più fortunati. Non è stato venduto o arrestato. La sua famiglia gli ha mandato i soldi necessari e in tutto il viaggio è costato circa 3500$, un po’ per il viaggio e un po’ per le tangenti. “Mi sento molto solo… Ma almeno nessuno mi picchia o mi punta una pistola in faccia” – dice il nostro amico Demba.

MH
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