Tucson, Arizona (NEV), 6 ottobre 2016 – “I understand you are not US citizen and on October 5th you entered in Nogales without being inspected in a US port of entry, is it correct Sir?”* Queste le parole che il giudice ripete meccanicamente a tutte le settanta persone agli arresti di fronte a lui. Sul fondo dell’aula del tribunale spicca un imponente stemma del governo federale, un’aquila dalla testa bianca, con le ali aperte che stringe nei suoi artigli 13 frecce e un ramo d’ulivo. Il giudice siede su un banco rialzato in legno massiccio, alla sua sinistra lo stenografo chino sul computer e di fronte gli uomini e le donne che attendono il verdetto, in piedi, con le magliette azzurre fornite dalla prigione o con ancora i vestiti laceri del viaggio indosso. Ammanettati sia ai polsi che alle caviglie da catene d’acciaio ascoltano la traduzione simultanea dell’udienza attraverso cuffie appese al collo.
L’udienza a cui assistiamo ha le caratteristiche di uno spettacolo, dove si conosce fin dall’inizio la trama. Gli arrestati hanno non più di venti minuti per parlare con un avvocato d’ufficio, pagato 110 dollari l’ora per consigliare a tutti di dichiararsi colpevoli e di accettare la pena rinunciando al processo. Il giudice che interpreta il ruolo principale, recita le formule di rito cosciente che solo gli iniziati potranno capirle. Gli arrestati sono relegati invece ad un ruolo passivo e secondario, volgono le spalle al pubblico e quando vengono chiamati a rispondere tentennano. Alcuni potrebbero essere stati arrestati nel deserto di Sonora solo poche ore prima dell’udienza.
L’udienza collettiva (mass hearing) si svolge in un’aula di un tribunale federale della città di Tucson, Arizona e fa parte della cosiddetta Operation Streamline, un sistema di patteggiamento accelerato per i migranti che sono stati scoperti ad attraversare la frontiera senza documenti. Chi è in stato di fermo può decidere di dichiararsi colpevole del illecito penale di immigrazione clandestina rinunciando al processo (con conseguente risparmio da parte delle casse dello Stato), accettando da 30 a 180 giorni di detenzione e una successiva immediata espulsione in Messico. Il 99% delle persone perseguite nell’ambito dell’operazione Streamline si dichiara colpevole. Secondo il Washington Post, questo accade perché coloro che si dichiarano colpevoli hanno alte probabilità di ricevere pene detentive inferiori rispetto a quanti invece decidono di andare a processo. In linea di principio, le persone soggette a procedimento penale tramite l’operazione Streamline dovrebbero comunque avere la possibilità di richiedere asilo. Tuttavia, a causa della rapidità dei procedimenti, molte persone non hanno questa opportunità pur essendo ammissibili per l’asilo. Nella sola Arizona, l’operazione Streamline ogni anno costa circa 120 milioni di dollari per lo svolgimento dei processi e oltre 50 milioni di dollari per la detenzione e incarcerazione.
Le crocifissioni lungo il ciglio delle strade consolari facevano parte dell’apparato deterrente che l’impero romano aveva strutturato per incutere timore tra le popolazioni conquistate. Anche questi processi e il complesso militare-giudiziario alla frontiera dovrebbero servire come deterrente per coloro i quali sognano di attraversare il confine (Prevention through deterrence). I risultati sono però altri. La strategia federale si è dimostrata inefficace come deterrente, ma di successo nell’aumentare drasticamente la sofferenza e la violenza vissuti dai migranti che cercano di attraversare il deserto di Sonora (63.000 arrestati e 135 corpi ritrovati senza vita nella sola zona di Tucson nel 2015). Da questo luogo ce ne andiamo con un senso d’impotenza con la sola voglia di gridare, il giorno dopo, di fronte ad uno dei tanti centri di detenzione in cui sono imprigionati i migranti: “No estan solos, no estan solas!”.
* “Da quanto emerso lei non risulta essere un cittadino degli Stati Uniti e il 5 ottobre è entrato a Nogales senza essere controllato in nessun posto di confine degli Stati Uniti, è corretto signore?”.