Roma (NEV), 27 giugno 2017 – La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana rivolgiamo uno sguardo particolare su Lampedusa
Come ha iniziato a disegnare a Lampedusa?
Prima di arrivare a Lampedusa nel 2014, scarabocchiavo, i miei disegni non avevano uno stile vero e proprio. Lampedusa mi ha dato un tratto e un colore. Forse è stato il bisogno di comunicare il senso d’impotenza, di trasferire su carta storie che altrimenti sarebbero andate perdute. Per me il disegno è uno strumento per costruire la memoria del domani e rafforzare la forza di volontà nel presente.
Lei non vuole essere considerato un artista, perché?
Il centro del mio lavoro rimane la comunicazione sociale, fare emergere quello che avviene sulla frontiera. Se i miei disegni si staccassero dal lavoro che faccio, perderebbero la propria anima. La narrazione attraverso i disegni permette una comunicazione diversa, attiva una forma di partecipazione emotiva, un sentire comune. Ogni volta che racconto, entro dentro i disegni e poi porto fuori qualcosa di nuovo che emoziona anche me.
Con quale sguardo si accosta a questo tipo di narrazione visiva, emotiva e cognitiva?
Lampedusa mi ha permesso di cogliere i significati del palcoscenico della frontiera. La costruzione delle retoriche che vengono addossate ai migranti, come agli isolani, etichette molto spesso staccate dalla realtà, che è molto più complessa. Il mio lavoro si sviluppa restando in contatto con l’isola e cercando di raccontare le storie di chi attraversa l’isola e di chi ci vive. Questi disegni non sono miei, ma di Lampedusa, ed è giusto restituirglieli.
Cosa significa che i disegni non sono suoi, ma di Lampedusa?
Costantino Baratta, uno dei lampedusani che ha salvato vite in mare, un giorno ha visto un disegno nel quale avevo rappresentato il salvataggio del 3 ottobre del 2013, sentendo le storie dell’isola. Non so come, eppure lui, vedendo quel disegno, ci si è riconosciuto perfettamente. Siamo diventati amici così, e quello schizzo oggi è appeso a casa sua. Costantino sta al Molo Favaloro ad accogliere i migranti con noi e quando va in giro per l’Italia a raccontare la sua storia vende copie dei miei disegni che servono ad alimentare il fondo solidale del “Forum Solidale” di Lampedusa.
Cos’è il Forum Solidale?
Si tratta di un’iniziativa di solidarietà dal basso alla quale, insieme ad associazioni, movimenti ecclesiali, singole persone, partecipiamo come Mediterranean Hope. Con il fondo finanziamo l’attività di prima assistenza al Molo Favaloro. Anche il ricavato della vendita dei disegni, ben 11 mila euro, è confluito assieme alle donazioni della parrocchia San Gerlando dell’isola.
La comunicazione sociale oggi stenta a difendersi sul tema migranti, i disegni possono aiutarla?
Sì, quello che manca oggi è proprio il legame tra solidarietà e comunicazione. È difficile comunicare all’esterno il lavoro che si fa. Eppure il disegno, anche da parte dei migranti, è la forma più semplice per comunicare in una situazione in cui la barriera linguistica diventa un problema serio. I disegni sono il linguaggio di base, è attraverso la narrazione che l’umanità si è evoluta, ed il disegno è stato fondamentale. Siamo bombardati da cattiva informazione e fake-news, in cui le accuse di buonismo vengono usate per delegittimare gli altri. Tornare alla narrazione del reale, anche attraverso il disegno, può essere un modo per riprendere la parola sui temi della solidarietà e dei valori di fratellanza universale.
Per visualizzare la galleria dei disegni di Francesco Piobbichi https://www.mediterraneanhope.com/disegni-dalla-frontiera-0