Da Rosarno alle Piagge di Firenze: “Vivere incontrandosi”

La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). O dalle volontarie e dai volontari che accompagnano per periodi più o meno lunghi il percorso di MH. Questa settimana “Lo sguardo” proviene da Rosarno ed è stato scritto da Miriam Bovi.

Le Piagge, 28-30 ottobre 2022 – Il treno arriva a Firenze, dopo più di sette ore di viaggio. Vado diretta a casa dei nostri amici, così dolci e ospitali da permettere a chiunque di sentirsi a proprio agio. Un medico e una tutor di minori stranieri non accompagnati, al servizio della comunità e di quello in cui credono, in Italia, Angola e nel mondo intero. Il calore che sento nell’aprire la porta trasmette un amore disinteressato e profondo. Mi trattano come una figlia e si riflette insieme, fino a notte fonda. All’opera per i preparativi dell’apericena del 29 ottobre.

Un caffè e si parte: direzione le Piagge, un quartiere periferico e popolare di Firenze, con tanti palazzoni disposti per file, li chiamano ‘navi’. Si respira quell’aria di isolamento e centralizzazione delle criticità che conosco bene, in cui la trasgressione violenta e distruttiva è la via più accessibile e vicina. Qui, il destino sembra scritto, fatto di povertà, oblio, fragilità e conseguenti dipendenze. Gli aerei che passano sono accompagnati da un rumore assordante che interrompe i discorsi.

Un odore di plastica bruciata affianca un ambulatorio, di fronte alla casa di un prete operaio che gestisce la comunità di base Le Piagge e tante altre attività di socializzazione, incontro e inclusione. L’abbiamo soprannominata ‘casa del popolo’. Attualmente abitata da minori in periodo di reinserimento, dopo il carcere. Il possesso per lui non esiste, anzi, è su questo pensiero di comprensione e condivisione che sembra basarsi il suo quotidiano. Fare qualcosa per la collettività che viva a prescindere da lui, mettersi in discussione, dialogare sull’esistenza di Dio. Ci dice che non può garantire per questa presenza ma che lui la sente, affiancata da una nostalgia terrena – intesa come utopia concreta – di anarchia. Libri ovunque, su diversi temi di giustizia sociale, teologia, montagne, scritti politici e brani di attualità. Pensieri rivoluzionari. C’è tutto quel che serve per accogliere con dignità e rispetto chiunque ne abbia bisogno.

Al centro di queste ‘navi’, uno spazio che propone un’alternativa, fatta di speranza e accompagnamento, dal 1995. La comunità di base Le Piagge, l’associazione di volontariato Il Muretto, la Mag – un fondo etico e solidale mutualistico e autogestito – e altri servizi. A destra il centro sociale, Il Pozzo, con un pavimento in legno e il soffitto fatto di metallo riciclato proveniente dall’Isola del Riciclaggio, poco più in là. Si tratta di un’attività che garantisce delle borse-lavoro che accompagnano il reinserimento sociale dopo un periodo di reclusione.

Vicino la porta, un banchetto e una bacheca con dei volantini che propongono gruppi di mutuo aiuto per ogni dipendenza, dal gioco d’azzardo alla droga, fino ad arrivare all’alcolismo. Telefono giallo per i genitori, indicazioni per il dopo scuola, per la biblioteca, per gli spazi destinati ai bimbi, ai ragazzi e alle ragazze. Fattorie, laboratori teatrali, Piccoli Prestiti Piagge, Centro di consulenza legale e altro.

Il centro sociale è dotato di un angolo-ufficio, con qualche computer, una stampante e il materiale utile alla scuola domenicale e ai progetti creativi. Ci sono giochi da tavolo, diverse sedie e tavolate a più destinazioni. Quando entro per la prima volta, trovo cassette di verdure e pane, per il banco alimentare. Quadri, disegni, foto e colori arricchiscono le pareti. Sopra le ceste, una mappa fatta di basso-rilievi multimateriale in cui è rappresentato il quartiere. Armadi e un crocifisso. Una cucina solidale, per i momenti di comunità e le raccolte fondi. Una lavagna con dieci preghiere che indicano i valori della collettività che vi partecipa, con costanza e dedizione. C’è anche uno spazio esterno, con una tettoia, tavoli e panchine.

Seguono una bottega solidale con alcuni prodotti realizzati da persone disabili nella campagna toscana e un container adibito alla vendita di libri usati. Una ciclofficina, un orto, un teatro a forma di serra, un punto di raccolta per la plastica e tanto verde. Vedo alberi di ulivo e staccionate decorate di coperchi di barattoli.

Un po’ più lontano, la biblioteca con una parete disegnata da bambini, lo spazio per il dopo scuola, la scuola per adulti e la scuola d’italiano per stranieri, la casa editrice delle Piagge e un locale che funziona da supporto ludico per i bimbi e le bimbe.

In questa realtà si muovono molti volontari e volontarie. La collettività del quartiere, nonostante le problematiche e qualche danno o furto, trova la speranza, la solidarietà e il supporto in questo luogo. Tanto da riempire la sala, durante la serata chiamata ‘Frontiere dell’accoglienza’ a cui sono stata invitata. E’ un momento di racconto ed esposizione di due viaggi del Collettivo giovani Piagge. Uno presso l’ostello sociale Dambe So – un progetto di Mediterranean Hope nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria – e l’altro presso l’associazione Linea d’ombra a Trieste – che cura i piedi, le ferite e i bisogni primari (tra cui i pasti) delle persone migranti che percorrono la rotta balcanica, attraversando la frontiera italiana per poi proseguire verso l’Europa del nord, con zainetti nuovi distribuiti dai volontari e volontarie.

Quando rivedo i ragazzi e le ragazze, siamo tutt* prede di una gioia che ci ricorda i momenti passati in Calabria. Temono di sbagliare, di parlare in pubblico e di fronte a me. Cerco di rassicural* dicendo che non esistono cose sbagliate o giuste da dire e che sono lì per esporre il proprio sguardo e il proprio sentire. Storie di chi lavora nell’agricoltura, la ghettizzazione, le lotte per i lavoratori, i processi d’inclusione attraverso lo sport – ci siamo allenat* insieme in un corso di kick boxing – Sos Rosarno, il progetto Fuori dal buio, il Giardino della Memoria di San Ferdinando, le esperienze di accoglienza di Riace, Camini e Drosi.

Ognuno riesce a superare le sue paure, tra i disegni di Francesco Piobbichi, qualche diapositiva e un diario scritto a Trieste. Ci tengono a precisare che nella Piana, vista la complessità del contesto, hanno preferito evitare le foto per non esporre la vulnerabilità, nel rispetto delle persone incontrate. Rispondono alle domande con una forza ammirabile, arrivando a farmi emozionare in più occasioni.

Concludo l’incontro raccontando dei risultati inattesi e piacevoli del Rosarno Film Festival e descrivendo la situazione attuale dell’ostello, quasi pieno, incitando alla curiosità, all’incontro e al superamento dei pregiudizi. Ci aiuteranno nella raccolta dei giubbetti e degli zaini da distribuire a chi si muove in bici, con bande catarifrangenti che diminuiscono il rischio di morte nelle strade buie. Supporteranno Sos Rosarno con un ordine di arance e continueremo a scambiarci il sostegno reciproco, anche attraverso la mobilità delle persone attive nei due contesti, quello della Piana e quello delle Piagge. Il tutto termina con una cena e una discussione in cui emerge la necessità di autodeterminazione dei giovani. Vogliono iniziare a ritrovarsi per aggiungere a questo spazio iniziative nuove, in cui sentirsi appoggiati ed esprimere i propri sogni. Il desiderio è quello di far vivere il quartiere con quel che non c’è, attirando chi potrebbe perdersi in contesti familiari difficili, clandestinità, storie di esclusione sociale e criminalità. La speranza è presente anche negli occhi dei bambini della domenica che liberano le loro parole, così come nella celebrazione di questa messa all’aperto, di chi crede e afferma una spiritualità diversa, inclusiva, libera e piena di domande che risuonano a chiunque la ascolti.

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