Afghanistan, la storia di Ali Reza, che insegnava alle ragazze e vorrebbe tornare a fare il prof

La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici, dalle volontarie e dai volontari, di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” proviene da Roma ed è stato scritto dalla volontaria di servizio civile Benedetta Fragomeni.

Roma (NEV), 28 febbraio 2023 – Con uno dei corridoi umanitari per le persone di origine afghana, nell’ultimo volo da Islamabad, settimana scorsa, è arrivato un giovane professore di matematica. La volontaria del servizio civile Benedetta Fragomeni lo ha intervistato.

Perché hai lasciato l’Afghanistan?

Mi chiamo Ali Reza, in Afghanistan insegnavo, ero direttore di un istituto scolastico privato e insegnavo nel luogo di culto e centro educativo Kawsar-e-Danish, a Bamiyan (città a circa 200 km da Kabul, capoluogo dell’omonima provincia, tristemente celebre per la distruzione di due enormi statue di Buddha abbattute dai talebani, ndr).

Nel centro insegnavamo inglese e svolgevamo corsi di preparazione per gli esami superiori e universitari. Quando hanno ripreso il potere, i talebani hanno imposto molte restrizioni per quanto riguarda l’educazione, soprattutto alle ragazze è stato impedito l’accesso allo studio. I talebani hanno bandito ogni tipo di istruzione per le ragazze.

La mia vita e le mie attività erano limitate, non potevo fare quello che volevo in tranquillità e libertà, avevo paura e timore che queste persone mi facessero del male, la mia vita era a rischio, per questo mi sono rifugiato in Pakistan. Io ero uno dei pochi insegnanti e uno dei più amati tra i sostenitori delle ragazze. Per continuare con le mie lezioni, ho creato un canale YouTube. Da quando ho lasciato l’Afghanistan gli studenti e le studentesse che seguivano i miei corsi mi stanno espressamente chiedendo di riprendere al più presto possibile le lezioni.

Come è nato questo centro educativo a Bamiyan?

Abbiamo pensato a questo centro per le ragazze soprattutto ma anche per i ragazzi che non avevano le possibilità economiche per proseguire gli studi negli istituti. Questo centro nasce per dare appoggio e sostegno a tutte le persone che non potevano permettersi di accedere a corsi privati. Questa è la mia passione e continuerò per tutta la vita, finché ci sarà anche una sola persona a cui insegnare, io sarò a disposizione.

Cosa ne pensi dell’attuale situazione delle donne in Afghanistan?

Non c’è niente da pensare. Le notizie sono bruttissime, per quello che sappiano, il governo attuale, i talebani adesso sono contro l’istruzione in ogni sua forma, soprattutto per quanto riguarda le ragazze.

C’è stata una scena a Bamiyan che mi colpito e mi ha fatto male. Una ragazza stava andando a studiare in un istituto, al suo arrivo hanno chiuso l’istituto e le hanno impedito di entrare. A quel punto tutti i ragazzi sono usciti fuori per far sentire la loro voce. Se si continua così, non ci sarà nessuna speranza per l’istruzione.

Quali sono le tue speranze, i tuoi obiettivi, per il futuro che oggi inizia per te, qui, in Italia?

Dall’inizio di questo percorso, il mio scopo era quello di essere utile, tramite l’insegnamento. Ora che sono in Italia, innanzitutto voglio imparare la lingua al più presto. Vorrei insegnare online, continuando il mio progetto per tutte le persone che avevano iniziato a seguirmi. Poi mi piacerebbe insegnare l’italiano e ovviamente, fare tutto questo in modo gratuito. Con il vostro sostegno e la vostra collaborazione, vorrei essere un ponte tra le due culture.

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