Nel cimitero di Badolato, in Calabria, due disegni di Francesco Piobbichi ricordano due ragazzi migranti, vittime senza nome nel Mar Mediterraneo. “Un atto di accusa verso chi ha trasformato il mare che univa, in mare che divide”
Roma (NEV), 29 marzo 2018 – “Nel Mar Mediterraneo ci sono sepolte non solo le vite, ma anche le storie di chi non ha tomba, di chi non può essere pianto. Altri corpi restituiti dal mare, invece, sono sepolti senza nome, con un numero spesso disegnato sulla calce viva”. Con queste parole Francesco Piobbichi, disegnatore e operatore della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) per Mediterranean Hope – programma rifugiati e migranti, riferisce all’Agenzia NEV della commemorazione delle vittime nel Mediterraneo avvenuta a Badolato, in Calabria, lo scorso 24 marzo.
Nel corso della cerimonia laica, sono state apposte due lapidi con i “Disegni della frontiera” di Piobbichi sulle tombe di due ragazzi africani, morti lo scorso anno in un drammatico naufragio, e sepolti nel cimitero del paese. L’iniziativa, voluta dall’associazione “Terra Madre – Borghi in Comunità”, ha seguito il convegno “Ararat: 20 anni d’accoglienza. Badolato modello interculturale contro ogni xenofobia” organizzato dal Consiglio italiano per i rifugiati (CIR) in collaborazione con il Comune di Badolato e il centro SPRAR. L’occasione è quella del 20° anniversario dallo sbarco dell’Ararat, la nave da carico battente bandiera turca che il 26 dicembre 1997 approdò a Santa Caterina dello Ionio con a bordo 825 migranti curdi iracheni e turchi, egiziani, libanesi, afgani e bengalesi.
“Non è semplice raccontare la morte dei senza nome, e non è semplice trasformare i numeri in storia, in memoria. Eppure questo è uno dei temi principali sui quali sono impegnato da anni insieme a Mediterranean Hope. Con Forum Lampedusa Solidale, nel cimitero dell’isola, abbiamo rimesso a posto le lapidi dei migranti morti in mare. Lo racconto con i disegni in giro per l’Italia. Il disegno mi dà modo di rispettare i volti, di raccontare con un’emozione che è frutto del vissuto reale. Non un artefatto artistico, non uno spettacolo teatrale, ma una storia che diventa collettiva e che collettivamente si racconta – spiega Piobbichi, che aggiunge – nel Mar Mediterraneo ci sono sepolte non solo le vite, ma anche le storie di chi non ha tomba, di chi non può essere pianto. Altri corpi restituiti dal mare invece sono sepolti senza nome, con un numero spesso disegnato sulla calce viva. Anche se questo gesto non riesce a ridare nome a queste persone, ha il merito di ridare loro la dignità che hanno perduto nel mare. Li ringrazio con commozione, come ringrazio chi ha permesso che questo accadesse. Ora questi due ragazzi sono parte di una storia collettiva, ora quelle tombe dimostrano un gesto di solidarietà concreta fra esseri umani e divengono un atto di accusa verso chi ha trasformato il mare che univa in mare che divide. Trasformare i numeri in storia, e rendere le storie pietra, è un lavoro duro e necessario per costruire la memoria del domani. I miei disegni della frontiera sono diventati mostra, libro, racconto, manifesti; insomma uno strumento collettivo che permette a tutti di prendere parte al racconto e ritrovare una cornice in cui esistere come esseri umani. Una cornice che vale per i vivi e vale per i morti”.
Badolato è un piccolo paese medievale in provincia di Catanzaro a 5 chilometri dal mare. La sua storia di accoglienza ai migranti risale agli ’90 quando il paese ospitò i profughi dell’Ararat nelle case del paese vecchio, abbandonate negli anni ’50 dopo un’alluvione. Prima ancora di Riace, Badolato è il comune pioniere della cosiddetta “accoglienza diffusa”.