I corridoi umanitari al Festival internazionale del giornalismo di Perugia

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Agenzia NEV

Perugia (NEV), 16 aprile 2018 – La Sala della Vaccara del Palazzo dei Priori di Perugia ha registrato il tutto esaurito per il panel dal titolo “Luci ed ombre dei corridoi umanitari: funzionamento, prospettive e rappresentanza mediatica”, svoltosi ieri sera, domenica 15 aprile, nell’ambito della XII edizione del Festival internazionale di giornalismo.

Moderato dalla giornalista Laura Silvia Battaglia, che ha sottolineato il valore ecumenico del progetto pilota nato più di due anni fa dall’impulso della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Tavola Valdese e Comunità di Sant’Egidio, il panel ha evidenziato come alla ricorrente narrazione mediatica in tema di immigrazione, che tipicamente veicola il binomio “criminalità-sicurezza”, quella dei corridoi umanitari oppone il binomo “solidarietà-sicurezza”. Lo ha sottolineato Gaëlle Courtens, intervenuta a nome della FCEI, illustrando genesi e funzionamento del progetto, che permette a persone in stato di particolare vulnerabilità di arrivare in Italia grazie ad un ponte aereo. Tuttavia, a più di due anni dall’inizio del progetto, dopo 18 voli dal Libano, l’instaurazione di un nuovo corridoio umanitario dall’Etiopia sotto l’egida della Conferenza episcopale e di Sant’Egidio, il lancio anche in Francia e in Belgio di progetti analoghi, l’idea che delle persone bisognose di protezione internazionale possano arrivare in aereo grazie ad un visto umanitario – e non con i barconi della morte – è una realtà non ancora entrata nell’immaginario collettivo. Lo ha ricordato Marta Cosentino, autrice del documentario “Portami via”, che ha seguito dal Libano fino a Torino la famiglia siriana Makawi in quest’avventura, citando i dati del rapporto della “Carta di Roma”: le notizie sull’immigrazione continuano a trattare solo marginalmente le buone pratiche come le vie legali e sicure.

Una famiglia siriana scende dalla scaletta dell’aereo (foto: Federica Brizi)

Per Marta Cosentino rimane insufficiente lo spazio accordato dai media a storie e iniziative che propongono soluzioni alternative al “problema” dei flussi migratori: “Assistiamo ad un’attenzione quasi ossessiva nei confronti delle tematiche sull’immigrazione, sempre in termini emergenziali. Ma una volta che c’è una proposta di soluzione, virtuosa e concreta, viene sottaciuta. Vedere persone scendere dalla scaletta di un aereo, dopo essersi concesse il lusso di fare una valigia, è rivoluzionario”.

Gennaro Giudetti, operatore umanitario che con l’Operazione Colomba ha vissuto nei campi profughi allestiti da siriani nel Nord del Libano, nella sua testimonianza ha messo l’accento sulla relazione umana che si instaura, quando si vive a contatto diretto con chi è bisognoso di tutto. Giudetti ancora oggi mantiene i rapporti con un gruppo di famiglie accolte a Trento. Le aveva accompagnate sul volo del 29 febbraio 2016, da Beirut a Roma. È lo stesso Giudetti che il 6 novembre 2017, sulla nave della ONG SeaWatch3, recuperava, nel corso di un’operazione di salvataggio intralciata dalla Guardia costiera libica, una giovane mamma nigeriana, Sandra, e il corpicino esanime del piccolo Great.

Il Festival internazionale del giornalismo, una quattro giorni che ha visto la partecipazione di migliaia di persone a più di 300 panel, workshop e eventi, si è concluso ieri.

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MH
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