Mediterraneo unico testimone: la storia di Ons

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Roma (NEV), 26 marzo 2019 – La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” proviene dall’Osservatorio di Lampedusa.

La Mare Jonio è appena entrata nel porto di Lampedusa e le 50 persone a bordo hanno finalmente toccato il suolo italiano. Sui loro volti la stanchezza è stemperata solo dalla meritata gioia per la fine della traversata. Grazie al coraggio di Mediterranea Saving Humans non sono morti nel Mediterraneo. Un mare – il mare nostrum – reso assassino dalle leggi degli uomini, un mare pieno di morti. Un mare in cui non sappiamo neanche quante persone muoiano ogni giorno.

Sulle coste libiche, le onde restituiscono periodicamente corpi senza nome. La Mezzaluna Rossa a febbraio ha recuperato, in sole 2 settimane, 23 corpi non identificati sulle spiagge di Derna, località a pochi chilometri da Tobruch. Appena una settimana fa il corpo di una donna incinta e di un bambino sono stati ritrovati a Sabratha. Il mare continua così a riconsegnarci a poco a poco le prove dell’olocausto di cui è testimone.

In migliaia partono. Partono indossando una maglietta rossa; partono portando con sé una pagella; partono cantando il nome di quanti non ce l’hanno fatta; partono sperando di non morire loro stessi.

Anche Ons Zaouali, una ragazza di 26 anni di Mahdia (Tunisia) è partita, venerdì 17 marzo, dalle coste del suo paese di origine sperando di raggiungere l’Europa. È stata ritrovata morta ieri sera, domenica 24 marzo, dalla Marina Militare tunisina sulle spiagge vicino Sfax. La barca su cui viaggiava è stata trovata alla deriva lo scorso venerdì, mentre il corpo è stato recuperato nelle acque di Ellouza, nel governatorato di Sfax, e poi identificato nella notte dai suoi familiari.

Ons, laureata ed affetta da un cancro, si era imbarcata dalle coste di Mahdia insieme al fratello di 20 anni, con la speranza di combattere la malattia che la stava consumando. Con loro viaggiavano altre 9 persone provenienti dalla stessa città, tra cui una coppia e una bambina di 4 anni, le quali risultano tuttora disperse. A Lampedusa abbiamo provato a cercare loro notizie nei giorni scorsi. I familiari e gli amici ci avevano contattati, spaventati dall’idea che non ce l’avessero fatta ma conservando ancora la speranza di ritrovarli sani e salvi. Invece sono affogati nel silenzio del mare e nell’indifferenza dell’Europa.

Il Mediterraneo Centrale è la rotta migratoria più mortale al mondo. Negli ultimi anni questo tratto di mare è stato il più utilizzato per arrivare in Europa e, negli ultimi 5, secondo il progetto Missing Migrants dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), le persone morte o disperse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo Centrale sarebbero oltre 15.000. Quasi 10 morti ogni giorno.

Nonostante nel 2019 gli sbarchi in Italia siano diminuiti, dall’inizio dell’anno sono stati accertati 160 morti, molti di più potrebbero essere coloro di cui non abbiamo notizia. Leggendo le statistiche dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), da settembre a oggi l’8% di chi è partito risulta morto o disperso.

Non esistono rotte marittime sicure quando le imbarcazioni sono inadatte al viaggio e i “passeggeri” marinai inesperti. Rischia la vita non solo chi intraprende viaggi in mare partendo dalle più lontane coste libiche ma tutti coloro costretti ad attraversare in questo modo le nostre frontiere. Di fronte a questa ecatombe, ribadiamo con forza la richiesta di sospendere la campagna di criminalizzazione contro le ONG e rilanciamo il nostro appello per l’apertura di canali d’ingresso legali e sicuri che permettano a chi oggi rischia la vita in mare di raggiungere l’Europa in sicurezza e dignità. Perché solo noi possiamo impedire che il mare continui ad uccidere.

MH
MH
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