Dialogo con la natura

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La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” proviene da Lampedusa ed è stato scritto dall’équipe MH sull’isola

Lampedusa (NEV), 10 marzo 2021- Le piante permettono di creare un’ideale continuità tra luoghi e storie apparentemente distanti, attraversando confini visibili e invisibili. Il nostro sguardo si estende da Lampedusa fino alla frontiera tra Bosnia Erzegovina e Croazia.

Lampedusa, isole Pelagie, Italia, 35°parallelo Nord.

Arrivando a Lampedusa il paesaggio dichiara in modo esplicito la presenza di un clima arido. La vegetazione esprime i caratteri di resistenza a carenza d’acqua e alte temperature. I tessuti appaiono coriacei, talvolta spinosi, il fisiologico ricambio delle foglie avviene in modo graduale e si protrae nel tempo. Il segnale di appartenenza alla placca tettonica africana è confermato, oltre che dai fattori climatici e geologici, anche dalla presenza di specie vegetali tipiche della zona nord africana.

Alcune aree dell’isola sono battute da forti venti. L’aria salmastra plasma i vegetali nella loro distribuzione e nelle forme che assumono. Appaiono zone brulle di steppe aride e valloni in cui grazie all’accumulo di acqua sono presenti alberi tipici del clima mediterraneo, seppur comunque rari sull’isola. L’opera di disboscamento effettuata per la produzione di carbone nel periodo borbonico ha lasciato una profonda cicatrice nella “storia vegetale” lampedusana. Nel tempo le zone coltivate  sono diminuite ma in certi areali compaiono bassi tralci di viti inselvatichite a testimonianza di un passato produttivo. A seguito dei recenti fenomeni erosivi delle zone costiere, sono state eseguite opere di rimboschimento con pino d’Aleppo. Le tracce della presenza di alberi spontanei si possono però ritrovare nella toponomastica. Contrada Imbriacola, luogo in cui ha sede l’hotspot di Lampedusa, deve probabilmente il suo nome all’effetto generato dal mangiare troppi frutti di corbezzolo che provocano una sorta di ubriacatura. Inoltre, in questa zona un tempo non mancavano le coltivazioni di frutteti e vigneti, a rafforzare il senso del nome della via. L’assenza di alberi spontanei colpisce molto. Solo in alcuni giardini privati, tra la rigogliosa vegetazione, si ritrova l’Ulivo, simbolo dell’areale mediterraneo. Quest’albero ha un nome scientifico importante, Olea europea. Il suo frutto, l’oliva, una drupa carnosa, ha un impiego millenario e ha strutturato nel corso dei secoli, oltre che la base lipidica della dieta mediterranea, anche scambi commerciali, possibilità di conservare i cibi nel tempo, ed è stata fonte di illuminazione tramite sottoprodotti dell’olio e non solo. La presenza di questa pianta in tutto il bacino del mediterraneo è un elemento che identifica un legame tra culture e tradizioni compenetranti  su ogni riva del mare in cui Lampedusa è immersa.

I nomi dei luoghi riconducono spesso alle essenze vegetali che un tempo li dominavano, e grazie a questo elemento è possibile conoscerne la storia, capire come si presentavano un tempo e trovare elementi comuni in posti distanti. Le piante arboree offrono un passaggio graduale tra un ambiente e l’altro con una sorta di continuità, che accompagna il mutamento di clima e le caratteristiche dei suoli.

Bihać, cantone Una-Sana, Bosnia Erzegovina, 45° parallelo Nord.

Il nome Lipa significa tiglio in lingua bosniaca. Arrivando in Bosnia colpiscono i fitti boschi e la presenza di molti fiumi e corsi d’acqua che sembrano incontaminati. Questo paesaggio fa pensare all’Europa originaria, ricca di foreste sia nei luoghi di pianura, che nelle colline e in montagna. La foresta temperata, caratterizzata da piante a foglia caduca, vede infatti il tiglio tra le essenze principali.

Anche molti luoghi italiani portano il nome degli alberi che hanno caratterizzato la zona prima delle grandi deforestazioni europee. Per quanto riguarda il tiglio, questo compare in modo esplicito all’interno del nome di molti comuni d’Italia e nel nome dei fiumi, come ad esempio per il Tagliamento –  il fiume dei tigli –  conosciuto già come Tiliaventum da Plinio il vecchio. Questo fiume scorre ad est, nelle zone delle trincee della prima guerra mondiale insieme all’Isonzo e al Piave.

Le piante, i fiumi, il mare e i paesaggi, fanno sempre da spettatori degli avvenimenti della Storia e sono testimoni anch’essi nei luoghi di confine. Le frontiere mutano e si spostano ma ciascuna di esse è inscritta in un ambiente che attorno a queste rimane dinamico e ne assorbe l’effetto: nei rifiuti prodotti, nei muri costruiti, nelle barriere e nel filo spinato.

Ulivo e Tiglio dialogano dal Mediterraneo alla rotta balcanica, attraversando una Lampedusa senza alberi. Allo stesso modo noi, dalla frontiera di Lampedusa, a quella bosniaca, vogliamo ricordare le più di 200 persone che hanno perso la vita nella rotta del Mediterraneo centrale dall’inizio dell’anno, le 39 persone che ieri sono state vittime di un ennesimo naufragio e quelle che tentano di attraversare le foreste tra Bosnia e Croazia.

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